In qualità di Coordinatore dell’Osservatorio Immobiliare CONFABITARE, il nostro Titolare Giangiacomo Congiu ha fatto un punto sull’urbanistica del territorio bolognese sulle pagine del Resto del Carlino (Quotidiano Nazionale), affrontando dei temi di grande rilevanza per il settore immobiliare locale: gli effetti negativi del nuovo Piano Urbanistico Generale e le difficoltà nel progettare e costruire la casa dei propri sogni nel territorio bolognese. Di seguito, potete leggere l’articolo.
C’era una volta l’urbanistica bolognese
Una “periferia” valorizzata da un’edilizia economica e popolare di qualità collocata nelle aree di espansione più pregiate. Un centro storico da conservare insieme ai suoi abitanti. Una collina verde, sottratta alla speculazione edilizia, punteggiata da grandi parchi pubblici. Una diffusione capillare dei servizi, a partire da quelli scolastici. Uno sviluppo industriale equilibrato supportato da una efficiente rete viaria. Una città di una dimensione giusta per essere amministrata: una città ancora a “misura d’uomo”. Questa è la Bologna di Campus Venuti, l’Urbanista degli anni ’60 riformista, ma austero, capace di costruire un ufficio tecnico comunale in cui si formeranno giovani architetti come Pierluigi Cervellati, Giancarlo Mattioli, Franco Morelli e altri ancora che poi svilupperanno e attueranno la sua Vision ispirando i Piani Regolatori di molte altre città. Campos indicò il percorso per far sì che le scelte di pianificazione diventassero “urbanistica realizzata”. Quella urbanistica che “lascia tracce visibili sulle città e sui territori coinvolti” al contrario di quella che “non lascia nulla e che diventa solo letteratura”.
Il fallimento del PUG approvato in tutta fretta: un cortocircuito nella rigenerazione urbana
Chissà cosa penserebbe oggi il Sig. Campos del PUG (Piano Urbanistico Generale) approvato in tutta fretta dalla Giunta Merola a fine mandato, i cui principali effetti sulla città sono stati l’immobilismo delle imprese, il fallimento della rigenerazione urbana, l’aumento dei prezzi delle case e l’assenza di immobili destinati alla locazione. Sono convinto che un Urbanista del calibro di Campos Venuti, difronte alle norme Europee, Nazionali e Regionali a tutela del consumo di suolo, avrebbe attuato un PUG semplice ed efficace, capace di raccogliere il consenso degli operatori del settore che, dal 2017 (anno di approvazione della Legge Regionale n° 24) ad oggi, avrebbe permesso di rigenerare interi comparti artigianali/industriali in disuso, bonificando tonnellate di terreni inquinati e di tetti in eternit in favore della costruzione di nuove case in classe A, le quali sarebbero state poi acquistate da utenti che avrebbero dovuto vendere il proprio immobile usato il quale, molto probabilmente, sarebbe stato riqualificato per andarci a vivere o per la locazione, contribuendo fattivamente al contenimento dei prezzi e all’enorme richiesta di case in affitto per famiglie, studenti e lavoratori. Ma per gli urbanisti di oggi la frase “sentiti gli Ordini Professionali e le Associazioni di categoria” inserita nel PUG o nei Regolamenti Edilizi è diventato più un esercizio di stile che un ascolto attivo con la conseguenza che le leggi vengono fatte dai “Teorici” e vengono infarcite di norme incomprensibili, interpretabili e indecifrabili, capaci di generare un cortocircuito nel circolo virtuoso “Rigenerazione – Nuova Costruzione” tali da “diventare solo letteratura”.
La burocrazia nel progetto di rigenerazione: ostacoli e complessità delle procedure
Per meglio comprendere quanti e quali danni può fare la burocrazia in un progetto di rigenerazione, posso portare ad esempio un intervento che prevede la riqualificazione di capannoni industriali coperti da circa 9.000 mq di eternit e migliaia di tonnellate di terra inquinata da bonificare, in favore di oltre 6.500 mq di abitazioni. Il tutto è iniziato nel 2018 con un contratto preliminare a cui sono seguiti i primi contatti con il Comune. Il percorso, come sempre in questi casi, prevede il coinvolgimento dell’ufficio tecnico comunale, della CQAP e della fatidica “Conferenza dei Servizi” nei quali spesso ci si trova a un tavolo con i seguenti enti/società: ARPAE (L’Agenzia regionale per la prevenzione, l’ambiente e l’energia dell´Emilia-Romagna), SNAM, HERA, ENEL, CONSORZIO BONIFICA RENANA, SOPRAINTENDENZA, ANAS, VIGILI DEL FUOCO, ASL, FERROVIE (in caso di confine con binari e/o stazioni ferroviarie), SOCIETÀ AUTOSTRADE (in caso di confine con autostrade), CITTÀ METROPOLITANA. Nei casi più fortunati gli enti coinvolti possono essere otto ma più spesso si arriva ad una decina ed ognuno di essi richiede documentazione specifica, progetti di settore e, se non contenti, possono richiedere integrazioni su integrazioni fino al tanto agognato “nulla osta” al rilascio del permesso di costruire.
Il contesto burocratico e le sfide economiche tra pandemia e guerra
Se nel Resto del Mondo un imprenditore fa un preliminare nel 2018 e all’inizio del 2020 inizia a demolire, bonificare e costruire e alla fine del 2022 consegna le case, nella città Metropolitana di Bologna nel 2023 deve essere ancora rilasciato il permesso di costruire. Al di là del fatto che nel frattempo nulla è cambiato in merito all’eternit sui tetti e il terreno da bonificare, vorrei ricordare che tra il 2018 e il 2023 è scoppiata la più grande pandemia dopo la “spagnola”, e cioè il Covid-19, hanno approvato il superbonus 110% che ha fatto raddoppiare i prezzi dei materiali, è stata dichiarata la guerra tra Russia e Ucraina, sono aumentati i tassi dei mutui del 300% e c’è un’inflazione che non si vedeva dagli anni ’80. In un contesto del genere non si può pensare ad altro che a semplificare al massimo l’iter burocratico che porti al rilascio dei permessi di costruire poiché il tempo è un fattore più che mai rilevante, e non solo per il cambiamento climatico, ma anche per la pianificazione economica delle imprese coinvolte. Infatti se l’utile di impresa nel settore immobiliare può essere compreso tra il 20% e il 30% su ogni intervento, se i tempi venissero compressi nei classici 3 anni (tempi medi tra presentazione progetto e fine costruzione in altre città come Milano, ad esempio) la percentuale di utile all’anno sarebbe del 7-10%, al contrario se i tempi si allungano a 8 anni (come in questo e in altre decine di interventi simili in procinto di essere approvati nella Città Metropolitana di Bologna) è evidente che la percentuale di utile prevista si riduce al 3-4% all’anno senza considerare l’effetto dell’aumento dei tassi e il rischio mercato. Se ci sono i problemi e gli stessi vengono individuati dagli esperti del settore, allora ci sono anche le soluzioni.
Richieste di CONFABITARE per l’emergenza abitativa e l’aumento dei prezzi
CONFABITARE chiede che la Città Metropolitana di Bologna intervenga sull’emergenza abitativa e l’aumento dei prezzi degli immobili, aderendo alle seguenti richieste:
• Ascoltare assertivamente le Associazioni e gli Ordini Professionali prima di approvare Piani Urbanistici Generali (o eventuali Varianti) e Regolamenti Edilizi.
• Semplificare tutte le procedure necessarie all’ottenimento dei Permessi di costruire.
• Rendere la sostenibilità ambientale compatibile con la sostenibilità sociale ed economica.
• Consentire il cambio di destinazione d’uso in abitazione dei fabbricati colonici (anche non classificati “storici”) perché la rigenerazione prevede che le stalle non vengano più riutilizzate per lo sfruttamento degli animali da carne o da latte e di conseguenza i fienili. Inoltre, i Comuni potrebbero tornare a incassare gli oneri conseguenti ai cambi di destinazione d’uso.
• Consentire il cambio di destinazione d’uso dei negozi, magazzini e laboratori posti in strade secondarie, dove il commercio è già morto a causa delle aperture dei centri commerciali prima e di Amazon poi.
• Possibilità di frazionare i laboratori la cui superficie risultasse inferiore ai 250 mq e riportando la misura minima di 50 mq per i monolocali alle superfici calpestabili previste a livello nazionale e cioè 28 mq per i monolocali per una persona e 38 mq per i monolocali per due persone.
• Consentire il cambio di destinazione d’uso degli uffici inseriti in stabili direzionali che altrimenti rimarrebbero vuoti a causa dei nuovi indirizzi di smart working delle aziende pubbliche e private. Vista la straordinarietà di tale concessione, si potrebbe creare una Convenzione che preveda la locazione degli alloggi creati a canone concordato per un periodo non inferiore a 10 anni.
• Consentire agli operatori del settore (imprese/cooperativi e studi tecnici) di affiancare i dirigenti dei Comuni negli incontri con il CUM (Comitato Unico Metropolitano) e STO (Struttura Tecnica Operativa).
Gli obiettivi di CONFABITARE
CONFABITARE è a fianco di ogni ente che intende trasformare la nostra area metropolitana tra le più performanti di Italia dal punto di vista ambientale, ma chiede che gli strumenti urbanistici che verranno approvati rendano possibile la realizzazione dei piani di riqualificazione urbanistica/ rigenerazione urbana, in tempi umani e con costi sostenibili. La nostra Associazione è consapevole dell’attrattività della nostra Città Metropolitana e intende creare i presupposti per un’accoglienza vera e sostenibile, dove non vi sia spazio solo per le multinazionali pronte a edificare Studentati e Stabili destinati alla locazione, ma ci sia la possibilità anche per le nostre piccole e medie imprese di lavorare e partecipare alla crescita e allo sviluppo urbanistica bolognese con benefici per l’accoglienza, la concorrenza e l’ambiente così da favorire la nostra realtà metropolitana.
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